La gara del mattone
17 Dicembre 2014

Il mattone non è un dolce minimal. E non è light, lo dice il nome. Ma negli anni sessanta, quando lui spopolava, nessuno aveva desiderio che i dolci fossero light. C’era necessità di nutrirsi il più possibile spendendo il minimo, perché l’Italia, anche se viveva il boom economico, non era poi cosi ricca e spensierata come voleva far credere; la gente aveva ancora ricordi vivissimi della fame portata dalla guerra e dei sacrifici della faticosa ricostruzione, il cibo perciò doveva essere rotondo, soddisfacente, rassicurante. E un dolce doveva essere un dolce punto e basta.

Opulento e sostanzioso, il mattone castellano è stato la colazione e la merenda di così tante persone, che la memoria delle papille gustative – potente quanto e più di quella olfattiva – ha fatto di questa delizia un evergreen che non è mai uscito di scena. Certo a tratti è diventato magari un po’ demodé, ma non ha perso né l’aplomb né lo smalto.

Era Osvaldo Dei che con accuratezza infinita preparava il mattone ogni settimana. Tutte le fasi avevano per lui la sacralità di un rito: miscelava l’impasto cioccolatoso che forma l’anima del dolce, ne controllava la densità con occhio esperto e poi si dedicava alla pastafrolla col perfezionismo dello scienziato. Erano operazioni da cui nessuno poteva distoglierlo. C’era poi la cottura, il momento più delicato, quello che decideva il buon esito del mattone. Ma Osvaldo Dei, lo sanno tutti, era l’esperto dei tempi di cottura! Con la sua inalterabile flemma e la saggia pazienza del pasticcere esperto lo si vedeva disporre tutto nella mega teglia, quindi infornare per un tempo infinito a temperatura bassissima e poi vegliare il suo capolavoro, come fosse la nascita di una creatura. Et voilà! Il giovedì mattina – perché anche allora il giorno di chiusura della pasticceria era il mercoledì – in negozio appariva il mattone, gioia di golosi e affamati dal metabolismo supersonico.

L’affetto che molti nostri clienti hanno per questo dolce ci ha suggerito l’idea della gara…. Diciamo che soprattutto è stato il loro continuo vantare incredibili imprese mattonologiche  e digestive a ispirarci. Così abbiamo messo a punto un regolamento (un filino demenziale, c’è da dirlo) e invitato tutti a farsi quattro risate.

“La gara del mattone” si è svolta il domenica 14 dicembre ed è stata un’allegra caciara, esattamente come l’avevamo pensata. La giuria, composta da Giovanni Dainelli, Maurizio Nespeca e Giovanni Occhipinti ha operato con l’ inflessibilità dei probi, negando a qualche concorrente perfino la sigarettina di conforto tra un mattone e l’altro. Il loro attento arbitraggio è stato coadiuvato da Fabio Volterrani, uno speaker d’eccellenza, efficientissimo sia nel conteggio dei mattoni mancanti dai vassoi, che dei minuti di gara. A supporto dei gareggianti la nostra Patrizia, la fatina dell’acqua, che vigilava sulla tavolata stappando bottigliette a più non posso. E non possiamo certo tacere sull’eleganza dei bavagli, cuciti appositamente per la gara da Francesca.

Ma ecco nomi e performances dei coraggiosissimi concorrenti e passionisti del mattone: Il primo della tavolata, Luigi Rubino ha mangiato 7 mattoni; Luca Paroli 6 e mezzo; Gianni Cicilano 7 e mezzo; Vincenzo Fabozzi 11; Giancarlo Biondi 5; Edoardo Viliani 9 e mezzo; Alberto Niccolini 7; Stefano Bonfanti 7 e mezzo, Giancarlo Gabbricci 1; Gianluca Russo 5.

A Vincenzo Fabozzi, supportato da una claque incredibile, è andato il titolo di “Mandibola d’oro”; “Mandibola d’argento” a Edoardo Viliani; Gianni Cicilano e Stefano Bonfanti si sono classificati ex aequo al terzo posto.

A tutti quanti e al pubblico che ha assistito alla gara, il nostro grazie.


2 Preparazione del mattone.JPG
3 I ferri del mestiere.JPG
4 Il mattone in forno.JPG
5 Il mattone  appena sfornato.JPG
6 Qui c'è lo zampino di Devis.JPG
7 Il mattone  pronto  per l'assaggio.JPG